Comitato Regionale

Emilia-Romagna

Nuove strade da intraprendere

Aprire una stagione di rinnovamento come antidoto alla disgregazione dell'antipolitica: al centro il Terzo Settore e, in ambito sportivo, le associazioni di base, veri luoghi di socialità e democrazia

Foto di Matteo Angelinidi Vincenzo Manco, presidente Uisp Emilia-Romagna

dal primo numero di Fuori Area (maggio 2012)


Per anni mi ha svegliato un sogno ricorrente. Ho trascorso gran parte dell'infanzia e dell'adolescenza tra notti in cui mi perseguitava l'idea di un impegno preso. Un senso forte di dovere mi pervadeva e mi faceva svegliare ansioso se a volte non ero riuscito, per qualsivoglia motivo, a rispettare gli obblighi assunti. Educato alla lealtà e al rispetto per la parola data, tutto ciò che diventava promessa costituiva un lavoro da intraprendere, basandosi sul senso di disciplina. Già, la disciplina. Sono cresciuto con l'idea che accanto a un diritto conquistato si accompagni sempre un dovere, che non possa esserci comunità sostenuta da norme comportamentali senza uno speculare senso civico.

Sono un obiettore di coscienza, uno dei tanti che si sono opposti all'uso delle armi. Sono un indisciplinato, di quelle centinaia di migliaia che hanno preferito "arruolarsi" nella società civile organizzata, nell'associazionismo di promozione sociale che affonda le radici nelle società di mutuo soccorso della fine dell'Ottocento e che ha composto il tessuto fondamentale dell'idea repubblicana dello Stato. Ho fatto esperienza di partito. E non voglio cedere alla tentazione di immergermi nel drappello di coloro i quali vituperano i partiti e il compito che a loro attribuisce la Costituzione italiana. Cantava Guccini in Canzone di notte n. 2: "Scusate, non mi lego a questa schiera, morrò pecora nera!". Parlare oggi di disciplina di partito è forse un esercizio inutile per chi si spertica nel lanciare strali. Io non voglio cedere alla tentazione del populismo bieco e del qualunquismo oscuro. Ho vissuto e vivo pensando che l'obiettivo principale per chi è dotato di pensiero critico sia di "rompere gli schemi", rinnovare le idee e trovare nuove forme per tenere insieme la collettività garantendone la coesione. Oggi c'è bisogno di riposizionare i valori etici di riferimento, i valori sociali intorno ai quali ricostruire l'ossatura di una comunità che deve riprendere un cammino lungo, fatto di solidarietà, passione, esempio positivo e libertà. Un percorso che permetta di fare uno sforzo fecondo da intrecciare con la memoria collettiva. Mentre scrivo infatti si svolgono ancora i festeggiamenti per la Liberazione; tra qualche giorno cominceranno quelli per il Primo Maggio. Sarebbe sufficiente ricordare quale significato hanno avuto nella storia del nostro paese queste due date. Ma insieme voglio esprimere anche massimo rispetto per quei cittadini che hanno fatto sentire la loro delusione profonda verso un sistema politico che ha manifestato falle enormi e per il quale è necessario intervenire se non vogliamo che senso e volontà di disgregazione prendano il sopravvento.

Si deve ricominciare dai partiti? Facciamolo! Ma che tutto ciò non diventi un capro espiatorio per tornare a illudersi che il marcio si annida solo in quell'ambito lì. C'è bisogno di una rivoluzione culturale per ridisegnare un'idea di mondo basato su tutele per le fasce più deboli della società e norme in grado di creare redistribuzione della ricchezza. Ma per riformare il quadro di riferimento complessivo è necessario mettere al centro il vasto contributo che negli ultimi anni ha dato tutto il mondo del Terzo Settore. Si è tenuta di recente a Roma la prima assemblea nazionale delle società sportive di base, che ha registrato un grande successo di partecipazione e soprattutto ha voluto indicare alla politica, alle istituzioni, al Coni, quanto sia necessario intervenire a tutela dello sport di base. Queste realtà quotidianamente offrono opportunità di esperienze sportive e sociali a centinaia di migliaia di bambini, adolescenti, adulti, anziani e insieme producono scambio generazionale, socializzazione e crescita collettiva. Ma la crisi economica rischia di mettere in discussione tutto ciò. Ecco perché in quell'appuntamento le società sportive si sono lasciate con un impegno: promuovere una legge d'iniziativa popolare che valorizzi tutta l'esperienza dal basso del movimento sportivo che esse rappresentano.

Norme quindi, una disciplina sulle società sportive di base che abbia come riferimento l'Europa e ciò che l'Unione Europea sta facendo rispetto a salute, integrazione multiculturale e inclusione sociale intrecciate con lo sport e con la cultura motoria di base. È arrivato il momento d'immaginarsi forme di finanziamento che fanno parte di altri capitoli di spesa come la sanità e il sociale, piuttosto che continuare nella ricerca dei fondi residuali rispetto ai finanziamenti complessivi in materia di sport. "Se non ora quando?" ci hanno detto le donne più di un anno fa. Eppure oggi, con un quadro istituzionale diverso, lo sport di cittadinanza non sembra essere nelle corde neanche di questo esecutivo. Il quale potrebbe spingersi più in là, visto che ha riconosciuto una delega precisa con un ministero dello sport. Riformiamo i partiti ma non dimentichiamo un mondo che ha bisogno di risorse e riferimenti nuovi per delineare una governance plurale che recepisca lo sport di cittadinanza come una conquista di civiltà, che sta alla pari nel sistema sportivo complessivo e tra i diritti di cittadinanza.

Si sente il bisogno di cambiare aria, di uscire fuori, di intraprendere strade nuove. Perché anche lo sport avverte la necessità di una riforma, per allargare sempre di più la platea di coloro che attraverso lo sport contribuiscono alla crescita della persona e al benessere dell'individuo. Valorizzare i corpi intermedi, le società sportive, non è altro che affermare il bisogno che appartiene ad ogni cittadino di crearsi occasioni di socialità, per far crescere forme di cittadinanza attiva e di responsabilità collettiva. È il volontariato sportivo che da spontaneo diventa ordinato, si dà regole e forme organizzative, si autodisciplina e si rinnova, nelle donne e negli uomini, nella sua finalità. E nel farlo esce dagli schemi e sorprende, resta popolare, conquista gli spazi urbani, dà dignità ai luoghi di reclusione, partecipa a forme di integrazione, include chi sta "fuori". Fuori Area!

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